DINO FORMAGGIO , testo del catalogo “TIME AND DREAMS ON MY HANDS”
QUALE ASTRAZIONE CONCRETA?
Di “Astrazione Concreta” nelle opere di rigorosa pittura di Anna Caser altrove già si è potuto parlare. Ma qui ed ora, in occasione di una nuova ampia esposizione del suo lavoro, sorge la necessità di chiarire ulteriormente il significato – il significato in sé e nella attuale cultura artistica – del particolare emergere, per una definizione di cultura attuale e di giudizio critico, di un tale giudizio di valore, oltrechè di genere artistico.
E’ ben noto il cammino che il termine “Astrazione” ha compiuto, a partire dalla prima metà del secolo scorso, ad opera di Kandinskij,Mondrian e Klee. I primi due, morti nello stesso anno 1944, il terzo nel 1940. Tutti e tre generarono scuole che si prolungarono nei loroadepti fedeli nelle tre direzioni divergenti. Il primo, di un Astrattismo geometrico (quasi di paradigma matematico); il secondo,di un sensibilismo musicale, vibrante nei colori e nei segni di dolci fantasmi della memoria e dell’inconscio; il terzo, ricco di preziose e penetranti indagini del sottosuolo della sensibilità della natura, quindi delle leggi interne al costituirsi delle“formazioni” – dall’artista apprese e riscostituite nell’opera d’arte – di una concreta spazialità fenomenologia delle strutture degli oggetti sensibili e delle immagini. E qui sipotrebbe anche parlare di un tipo di Logica - bilogica dell’inconscio. Cioé di quell’ “inconscio di insiemi infiniti”del quale, in anni recenti, ci ha parlato il grande neo-psicoanalista Ignacio Matte Blanco. Un inconscio che rovescia l’antica logica aristotelica per lavorare di logica simmetrica, dove la parte è uguale al tutto, il tutto può esser parte di un altro tutto all’infinito e l’oggetto “A” farsi identico all’oggetto“B”, entrando in collisione e inter-relazione con l’altralogica, quella a-simmetrica che usa la mente per discorrere analizzando e necessariamente “dividendo” un tutto in parti sintatticamente collegate per distendere il discorso, un discorso dove “A” resta sempre “A” e sempre diverso da “Non-A”. Questo “vede” Klee nel suo teorizzare le operazioni “psicoanalitiche” che costituiscono, per l’artista, il mondo delle “Forme” e la dinamica interna al costituirsi delle “formazioni”, siano esse oggettuali o immaginarie.
Tutto questo, oggi, può essere utile sapere, quando si deve procedere ad esaminare un’opera d’arte. Poiché mai questa, nella sua genesi (che alla fine rimane sepolta dentro l’apparire compiuto e consolidato dell’opera una volta terminata e esposta al pubblico), può sottrarsi a tali logiche.
Tutto questo, ormai, per chi ha davanti un’opera di Anna Caser, può aiutare a penetrarne l’intimo significato. Certamente è da Klee, soprattutto, che Anna Caser ha tratto, fin dai passi iniziali della sua formazione, i segreti dell’espressione costruttiva dell’arte.
Fondamentalmente, insieme alla frequentazione di altri Maestri, perché aveva a disposizione una natura ricca di inconscio e di intelligenza. Difficile l’arte, ma, spesso, ancora più difficile è penetrare l’anima segreta di un’opera. Ciò non toglie che al visitatore di una Mostra, così validamente compenetrata dalla migliore cultura estetica e artistica contemporanea, possa valere il superamento di un impatto solamente degustativo di qualche piacevolezza visiva, prima di averne assorbito o rubato qualche segreto dei richiami che all’artista salgono dai fondi del proprio inconscio, quando s’intreccia coi ricordi dei “vissuti” del proprio passato, a volte intriso di sensazioni di figure e di profumi della propria infanzia o dai primi traumi dell’adolescenza che, nel vivere, possono riemergere tra fantasmi ondeggianti di volti rotondi dibambini, di ritorno di apparizioni di un albero, di un fiore, diverdeggianti verzure o di rossi tramonti infuocati o di dolorosepresenze sanguigne, o d’albe gialle solari di luminose stagioni. Tutta una vita, nella pittura di Anna Caser. La sua vita.
In una lettera del prezioso epistolario di Vincent Van Gogh – un vero e proprio documentario non solo della vita e dell’intelligenza di uno dei più grandi pittori dell’arte contemporanea, ma insieme uno straordinario documento testimoniante la profonda crisi di una società sconvolta da soffocanti tensioni difine Ottocento nella società borghese – l’8 settembre 1888 Vincent sta scrivendo al fratello Theo (come quasi quotidianamente da anni faceva, lettera 5333 della raccolta). Gli parla, come al solito, delle sue giornate e di che cosa sta facendo: dopo averloinformato che ha passato tre notti a dipingere e che la notte gli sembra “ben più vivente e riccamente colorata del giorno”, esce in una famosa definizione del proprio lavoro.
Testualmente scrive:”J’ai cherché à exprimer avec le rouge et le vert les terribles passions humaines”. A questa lapidaria frase non si può non pensare, se ci si sofferma davanti alle ondate di rosso e di verde che a volte sconvolgono a volte carezzano il quadro nelle opere più recenti dell’artista e timbrano il passaggio silenzioso (o urlante) dei fantasmi dell’inconscio nei suoi incontri con gli sguardi e le memorie dell’infanzia e dell’adolescenza, che salgono a rivivere dentro al vivere stesso del quadro che sta nascendo e uscendo alla luce del mondo. Per Anna Caser (come per Klee, del resto) nulla è più decisivo per il vivere e fare arte - e più fisicamente concreto - nella loro cosiddetta “castrazione”, che il fiorire sulla terra delle immagini e dei sogni delle evanescenti figure del proprio incontrollabile inconscio.